L’ARTE DI ARBITRARE L’ARTE
Francesco Billi
Qual è il metodo più efficace per la risoluzione delle controversie legate all’arte?
È questa la domanda al centro del dibattito che prese il via al simposio internazionale intitolato “Resolution Methods for Art-Related Disputes” organizzato a Ginevra dall’Art-Law Centre. Era il lontano 1997 ma già in quell’occasione venne evidenziato il potenziale degli ADR, i metodi alternativi di risoluzione delle controversie quali, ad esempio, la negoziazione, la mediazione e l’arbitrato, come valida alternativa alla giustizia ordinaria per la definizione di conflitti insorgenti nel mondo dell’arte. Rileggendone il verbale, è possibile osservare come alcuni dei partecipanti arrivarono perfino ad ipotizzare l’istituzione di un tribunale arbitrale internazionale specializzato nelle controversie d’arte. Oggi, a distanza di più di venti anni, quel tribunale esiste. Il 7 giugno 2018 è stata infatti inaugurata a L’Aia la nuova Court of Arbitration for Art (CAA), la quale si avvale di arbitri specializzati nel mercato dell’arte per dirimere un ampio spettro di conflitti: dalle liti riguardanti l’autenticità e l’attribuzione di un’opera a questioni di diritto d’autore e contrattualistica fino ad arrivare a truffe e furti.
Il lancio della CAA non è che l’esempio più recente. Diverse sono infatti le istituzioni internazionali che già da qualche tempo hanno adottato forme di ADR per la risoluzione delle liti legate all’arte. Per esempio, la collaborazione tra l’International Council of Museums e il Centro Arbitrati e Mediazione del World Intellectual Property Organization (WIPO Centre) ha portato alla creazione nel 2011 dell’ICOM-WIPO Art and Cultural Heritage Mediation Project che permette di ottenere un processo di mediazione specifico per controversie in materia d’arte. Servizi di mediazione e negoziazione sono inoltre offerti dall’UNESCO ai suoi Stati membri coinvolti in questioni riguardanti la restituzione di opere facenti parte del proprio patrimonio culturale attraverso l’Intergovernmental Committee for Prompting the Return of Cultural Property. Si possono poi citare i londinesi Art Resolve e Art ADR Global, enti privati volti alla risoluzione di dispute in campo artistico tramite mediazione e, a livello nazionale, la Camera Arbitrale di Milano (CAM) la quale offre, dal 2015, un servizio di mediazione specifico per il mondo dell’arte (ADR Arte) e la Camera Arbitrale di Venezia, che ha recentemente annunciato l’apertura di una Sezione Speciale dedicata espressamente all’arbitrato di contese aventi ad oggetto beni d’arte.
Cos’è dunque che rende le tecniche di ADR, e specificatamente l’arbitrato, particolarmente interessanti per la risoluzione delle liti insorte nel mondo dell’arte?
Per rispondere a questa domanda è necessario individuare gli elementi salienti di tali controversie, i comuni denominatori di un campo, quello del diritto dell’arte, dalle numerose e diversissime sfaccettature. Innanzitutto, le controversie legate all’arte sono spesso di natura internazionale e coinvolgono controparti provenienti da Paesi caratterizzati da culture (legali) molto diverse tra loro (basti pensare alla difformità che intercorre in materia di compravendita in buona fede tra i sistemi di Common e Civil Law). Nonostante la sua internazionalità, il mercato dell’arte è tuttavia caratterizzato da un limitato numero di attori in stretto contatto tra loro (ma molte volte spinti da interessi contrastanti) e largamente basato su principi come la reputazione personale e la fiducia reciproca. Per questo motivo, requisiti essenziali nel mondo dell’arte sono la segretezza e la confidenzialità in ogni tipo di transazione.
Inoltre, le controversie che insorgono nel mondo dell’arte raramente possono essere decise sulla base di “chi ha ragione e chi ha torto” in quanto spesso contraddistinte da interessi legittimi, seppur contrastanti: esempio lampante sono i conflitti che si creano tra chi detiene il diritto allo sfruttamento patrimoniale di un’opera e l’autore dell’opera stessa, interessato alla tutela dei propri diritti morali (come ad esempio il diritto di rivendicarne la paternità ed assicurarne l’integrità). È inoltre importante sottolineare l’elevato grado di tecnicismo di tali dispute, sicché è spesso necessaria la nomina di un esperto da parte del giudice. Occorre infine segnalare come tali controversie coinvolgano oggetti – le opere d’arte appunto – dal valore non solo economico ma talvolta anche culturale, storico, politico, religioso e morale. Si pensi, per esempio, a questioni concernenti l’esportazione illecita di opere in tempo di guerra o occupazione coloniale. Tali elementi soggettivi, tuttavia, vengono difficilmente presi in considerazione dalla giurisdizione ordinaria.
Al contrario, le tecniche di ADR come la mediazione o l’arbitrato non solo permettono di giungere ad una veloce soluzione della controversia senza che sia necessario affrontare i tempi ed i costi dei tre gradi di giudizio ma spiccano inoltre per la grande flessibilità e per il maggior controllo esercitato dalle parti su tutto l’iter procedurale: dalla scelta del luogo, della lingua e della legge applicabile a quella di uno specialista che disponga di competenze specifiche in materia. Tale informalità permette inoltre una certa creatività nel giungere a decisioni che vadano il più possibile incontro agli interessi di entrambe le parti e che prevedano una divisione equanime di costi e benefici. In aggiunta, l’ottenimento di una soluzione volta al reciproco vantaggio delle parti permette al rapporto professionale di non essere irreversibilmente incrinato, qualità da non sottovalutare in un mercato ancora fortemente basato sulle conoscenze personali e sulla fiducia reciproca. Tra i “compromessi creativi” ottenibili si possono citare, per esempio, il riconoscimento della comproprietà di un’opera, la creazione di un trust o la concessione di un prestito a lungo termine in cambio del riconoscimento delle titolarità dell’opera in capo al legittimo proprietario.
Un altro fondamentale vantaggio dei meccanismi di ADR è senza dubbio la possibilità di inserire una clausola di riservatezza che garantisca la totale confidenzialità di tutto ciò che viene discusso o rivelato durante il procedimento (anche nel caso in cui non si arrivi ad una soluzione) permettendo così di evitare danni alla reputazione delle parti o al valore dell’opera d’arte in oggetto. Ciò non è invece possibile in un processo ordinario il quale è aperto al pubblico e le cui sentenze sono pubblicate e reperibili.
Tra le varie forme di ADR, l’arbitrato spicca per alcuni ulteriori elementi che, in aggiunta alle sopracitate caratteristiche, lo rendono particolarmente utile per la risoluzione di controversie legate all’arte. Come è noto, esso è l’unica tipologia di ADR che consente alle parti di vincolarsi, senza possibilità di appello, alla decisione che verrà resa in sede arbitrale. In aggiunta, la Convenzione di New York del 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere rende efficace il lodo arbitrale all’estero. Tale Convenzione, che conta ad oggi più di 150 stati firmatari, sancisce infatti che il giudice del Paese estero in cui si voglia eseguire il lodo debba verificarne solo la correttezza formale, senza valutarne il merito. Questo rappresenta un evidente vantaggio nel mercato dell’arte caratterizzato, come detto, da una forte internazionalità e dove il patrimonio oggetto dell’eventuale esecuzione è spesso dislocato all’estero.
Inoltre, quando i contendenti appartengono a due Stati distinti apprezzano a maggior ragione l’arbitrato per il fatto che vengono rassicurati circa la neutralità del procedimento. Il metodo con cui solitamente gli arbitri vengono nominati fornisce infatti una ulteriore garanzia di terzietà poiché è comune prevedere che il processo arbitrale venga condotto da un collegio di tre soggetti. In tal modo, ciascuna parte nomina un arbitro di propria fiducia i quali, a loro volta, ne eleggono un terzo di comune intesa. Viene dunque assicurata la equidistanza di tale soggetto rispetto alle due parti contrapposte evitando, di conseguenza, il rischio di parzialità che potrebbe invece generarsi in una corte nazionale. In aggiunta, la facoltà concessa alle parti di nominare il pannello arbitrale consente loro di selezionare soggetti che siano particolarmente esperti ed abbiano le competenze specifiche per decidere la controversia. Gli arbitri non hanno infatti una mera funzione consultiva (come accade per i periti nel giudizio ordinario) ma a loro è demandata la funzione decisoria. Il lodo reso in sede arbitrale sarà pertanto fondato su approfondite analisi che attengono alle specifiche competenze tecniche degli arbitri e non – come inevitabilmente accadrebbe in sede ordinaria – su mere valutazioni generiche mediate da terzi.